L’opera è stata acquistata nel 1980 da una raccolta privata. Entrato in Collezione come Tre Profili, il dipinto è affine per soggetto e composizione alle opere delle serie di Vincitori e Vinti [1] e degli Oppositori. Secondo la critica, in questo repertorio l’artista avvia una riflessione sul disagio esistenziale dell’uomo moderno, vittima della violenza che stravolge le relazioni interpersonali nel mondo contemporaneo. Dagli anni Cinquanta Brindisi sperimenta una pittura figurativa di matrice espressionista e un gesto pittorico ricavato dagli esempi dell’Informale che aveva avuto modo di conoscere in occasione dei suoi viaggi a Parigi e New York e delle Esposizioni Internazionali d’Arte della Città di Venezia. A questi modelli si somma la suggestione dell’opera del pittore rinascimentale Dominikos Theotokopoulos, detto El Greco, dal quale l’artista ricava l’intonazione cupa e la luce livida caratteristica delle sue opere di impegno sociale, e di Oskar Kokoschka, uno dei massimi esponenti dell’espressionismo, conosciuto a Salisburgo nel 1956.
Nella maturità la produzione del pittore si caratterizza per la ripetizione degli stessi soggetti, realizzati con una tecnica rapida che prevede l’impiego dei colori acrilici. L’opera in Collezione, riferibile alla metà degli anni Settanta, si inserisce all’interno di questa ricerca per il dinamismo delle figure e per l’impiego di colori vivaci, ma rivela una condotta pittorica affrettata e una qualità modesta.
Nominato Presidente della Triennale di Milano nel 1972, l’artista continua un’intensa attività espositiva presso le principali gallerie private in Italia e all’estero e dal 1970 si dedica alla fondazione del
Museo Alternativo Remo Brindisi [2] a Lido di Spina, dove raccoglie un’importante collezione di arte contemporanea insieme alla sue opere.